MARTE . . . . . ..

 

 

Sulla superficie di Marte la temperatura media e’ di una decina di gradi sotto zero. 
I crateri di Marte sono simili a quelli lunari. Marte ha due satelliti, Phobos e Deimos, scoperti da Hall nel 1877. Il pianeta fu avvicinato per la prima volta dalle sonde spaziali Mariner. 
Marte dista dal Sole 1,57 u.a. (1 u.a. = 149600000 Km) e ha un diametro che e’ circa la meta’ di quello terrestre. É il quarto pianeta del sistema solare. 
L’orbita fu determinata esattamente per la prima volta da Keplero. 
Phobos ha un diametro di circa 15 Km. Phobos ruota intorno a Marte con un periodo di rivoluzione di circa 11 ore. 
Distanza minima di Marte dalla Terra (grandi opposizioni perieliche) = 56 ¨ 10^6 km
Distanza massima dalla Terra (congiunzione superiore) = 400 ¨ 1O^6 km
Diametro apparente = 7″  25″,1
Periodo sinodico 779,94 giorni
I Greci lo chiamavano Ares, i Romani Mars, il mondo moderno Marte. 

Foto Nasa

 

MARTE rappresenta oggi un obiettivo molto interessante per le sonde interplanetarie, specie sotto il profilo esobiologico. Le prime osservazioni scientifiche di rilievo risalgono al 1636, allorché Fontana ne rilevo le macchie, nel 1704 Maraldi individuò le due calotte polari; nel 1877 infine, Giovanni Schiaparelli (Savigliano Cuneo, 1835 – Milano, 1910) scoperse la germinazione di quelle famose linee scure di andamento regolare che, ritenute per anni (dagli studiosi favorevoli all’ipotesi fisica) canali scavati da una civiltà marziana allo scopo di combattere la secchezza del clima, vengono oggi interpretate quali fratture o depressioni della superficie del pianeta. Con una massa pari a solo 1/10 di quella terrestre e diametro variabile dai 6790 chilometri dell’equatore ai 6710 chilometri in corrispondenza dei poli, Marte descrive intorno al Sole un’orbita ellittica, sicuramente la più eccentrica dopo quelle di Plutone e di Mercurio: fu proprio questa peculiarità, unitamente allo studio delle posizioni via via assunte dal pianeta a fornire a Keplero un aiuto considerevole nella formulazione delle omonime leggi relative al moto dei corpi celesti. Quarto pianeta del sistema solare (in ordine di distanza dal Sole) dopo Mercurio, Venere e Terra, è da catalogarsi fra i cosiddetti “pianeti superiori”, cioè di orbita esterna a quella terrestre, la sua distanza media dalla stella tocca i 228 milioni di chilometri, variando da un minimo di 206 milioni (al perielio) fino ad un massimo di 249 milioni (in afelio). Benché le Opposizioni si verifichino ogni 26 mesi, il pianeta viene però a trovarsi in <Grande Opposizione> (cioè in Opposizione ed in perielio contemporaneamente) ogni 15,17 anni circa: solo 56 milioni di chilometri lo separano allora dalla Terra, è la condizione più favorevole per osservarlo, benché la visibilità venga spesso ridotta da enormi tempeste di sabbia.

Quando invece capita che la congiunzione coincida con l’afelio, la distanza Terra-Marte raggiunge il valore massimo: ben 400 milioni di chilometri circa. Il suo moto di rivoluzione intorno al Sole (cioè l’anno marziano) copre 686g 23h 31m (le stagioni hanno dunque una durata doppia delle nostre); il periodo sinodico osservato dalla Terra è di 780 giorni, la durata del giorno è di 24h 37m 22,7S; l’asse di rotazione è inclinato di 25° rispetto al piano dell’orbita; il succedersi delle stagioni nel corso dell’anno, come pure l’alternarsi del giorno e della notte, si svolgono quindi in modo del tutto simile a quanto avviene sulla Terra, a parità di latitudine); la temperatura è compresa fra i + 15 °C diurni ed i – 10 °C notturni, con variazioni legate all’alternarsi delle stagioni. 

Denominato anche pianeta rosso o pianeta ardente (il suo splendore, visto dalla Terra, supera spesso quello della stella Sirio) Marte è caratterizzato da fasi gibbose alle Quadrature e da fasi piene all’Opposizione ed alla congiunzione: benché la maggior parte della sua superficie sia sempre visibile, è innegabile che i dati trasmessi dalle sonde russe Mars e, soprattutto, dalle statunitensi Mariner (queste ultime capaci di distinguere oggetti con dimensioni minime di 300 metri) hanno ampliato oltre ogni aspettativa le conoscenze acquisite visualmente con i telescopi. La superficie marziana è caratterizzata da un numero elevato di formazioni permanenti: le calotte polari, di un bianco lucente, sono con buona probabilità formate da biossido di carbonio (a seconda delle stagioni marziane, si osserva ora quella settentrionale, ora quella meridionale, ora entrambe – pur se inegualmente estese – Vaste regioni color giallo-bruno (abitualmente chiamate continenti) sono ricoperte da polveri, forse limonite; i mari, che i telescopi individuano come gruppi di piccole macchie grigio verdastre, rappresentano ancora un enigma da risolvere. 

 


Al riguardo, una delle questioni più controverse è stata quella relativa all’esistenza dei cosiddetti canali marziani. Verso la metà dell’Ottocento l’inglese Dawes aveva osservato che molti mari terminavano in punte affilate, dalle quali s’irradiavano bracci lunghi e sottili che attraversavano i continenti, in apparenza unendo un mare all’altro. Il famoso padre gesuita Angelo Secchi /Reggio Emilia, 1818 – Roma, 1878), che aveva avuto la fortuna di osservare la grande opposizione del 1859, aveva chiamato canali quelle formazioni; il nome era stato accettato in seguito anche dallo Schiaparelli, il quale nel 1879 aveva notato che alcuni canali si erano raddoppiati nel giro di un paio d’anni (geminazione). 

Tempo dopo, lo statunitense Percival Lowell, nel confermare la presenza dei canali e del loro raddoppiamento, era riuscito ad osservare anche le oasi, le minuscole chiazze rotonde ed oscure in cui s’intersecano i canali: è facile immaginare con quanto entusiasmo avessero accolto una simile scoperta tutti coloro che ritenevano essere Marte popolato da forme di vita intelligenti. Oggi le fotografie scattate dalle varie sonde interplanetarie (si ricordino le straordinarie immagini trasmesse dal Mariner IV il 14 luglio 1965) fanno però ritenere che i famosi canali vadano interpretati come fratture o depressioni della superficie marziana. 

Alquanto controversa si presenta ancora l’ondata scura che ad ogni primavera sembra propagarsi dai poli all’equatore. Alcuni astronomi (da Lowell ai contemporanei Slipher ed Opik) ritengono che il ritrarsi delle calotte polari, seguito dalla liberazione di vapore acqueo nell’atmosfera, favorisca la comparsa di organismi vegetali (quali alghe e licheni) presso i mari e le sponde dei canali. 

Altri invece, interpretando i continenti quali bassure riempite di polveri ed i mari come rilievi od altopiani, pensano che ad ogni primavera, allo sciogliersi delle brine polari, i venti spazzino via la polvere dai rilievi, facendoli così apparire più scuri; in seguito, i forti venti invernali vi depositerebbero elevate quantità di polveri così da ricoprire la nuda roccia e far assumere ai rilievi una colorazione meno intensa. Va detto però che l’eventuale origine non biologica dei fenomeni osservati non esclude a tutt’oggi la possibilità che Marte presenti qualche forma di vita, pur se elementare: benché abbia un clima molto severo, è incontestabilmente il più terrestre fra tutti i pianeti del sistema solare. 

La superficie marziana, sia della zona chiara sia della scura, è butterata da crateri simili a quelli lunari per dimensioni, profondità e numero per unità di area: il diametro varia dai pochi metri alle centinaia di chilometri; alcuni sono a fondo piano; numerosi, specie i più larghi, recano tracce di erosione e, riempiti dalle polveri portate dai venti, si presentano deformati a causa delle continue espansioni e contrazioni provocate dalle forti escursioni termiche legate all’incredibile rarefazione dell’atmosfera. 

Oltre che a crateri, il terreno marziano può essere caotico (corti crinali si alternano a depressioni di 1,3 chilometri di larghezza e 2,10 chilometri di lunghezza, soprattutto nella regione compresa tra il Sinus Aurorae ed il Sinus Margarihfer) oppure senza alcun carattere preciso (forse in seguito a fenomeni di erosione, ricopertura od altri processi). Studiata con il radar alle latitudini di 22° e 11°, la topografia marziana non presenta catene montuose di rilievo, si notano comunque variazioni in altezza comprese tra i 10 ed i 15 chilometri; lo spessore del ghiaccio (formato da anidride carbonica a 148 + 2 °K) è solo di qualche metro sulla calotta polare meridionale. 

 


I dati forniti da osservazioni spettroscopiche a terra e dalle sonde interplanetarie dimostrano che attorno a Marte è presente una sottile atmosfera, il cui spessore non supera i 10 Km. L’anidride carbonica predomina rispetto all’ossigeno, all’ossido di carbonio e forse all’ozono; il vapore acqueo non supera i 35 Km; non è stato ancora possibile accertare la presenza di azoto ed argo. L’ossigeno sfugge dal pianeta nella misura di 108 atomi/cm2 al sec., 1a pressione atmosferica media è di 6,1 millibar (soltanto in corrispondenza di zone ben limitate tocca i 10,15 millibar, permettendo in tal modo all’acqua di restare allo stato liquido). 

L’atmosfera marziana, talmente rarefatta da ritenere a fatica le grandi nubi di polvere sollevate dai venti, è solcata talvolta da veli bluastri e da formazioni nuvolose, gialle e bianche. I primi, trasparenti alla luce visibile, diffondono selettivamente le radiazioni di corta lunghezza d’onda; quando si addensano, assumono l’aspetto di splendide nubi bianche, le quali, luminosissime ed alte nell’atmosfera, sono formate da cristalli di ghiaccio e da vapore acqueo condensato. Si sviluppano in genere nei periodi in cui Marte è più lontano dal Sole; quando il pianeta si trova invece in prossimità del perielio, il calore solare provoca tempeste di vento molto violente, cui fa seguito la comparsa di nubi gialle: si suppone dunque che esse siano formate dalla polvere sollevata dal vento dalla superficie marziana. 

Il pianeta è accompagnato da due piccoli satelliti: scoperti nel 1877 da Hall, sono visibili con un buon telescopio quando Marte è prossimo all’opposizione. 
Phobos, il più interno, ha un diametro di circa 12 chilometri; 5930 chilometri lo separano dalla superficie del pianeta, intorno al quale descrive una rotazione completa in 7h 39m, poiché il periodo di rotazione di Marte è di circa 24h 36m, Phobos è l’unico satellite oggi conosciuto il cui periodo di rivoluzione sia minore di quello di rotazione del suo pianeta: Marte vede il satellite sorgere ad ovest e tramontare ad est; inoltre, avendo un periodo sinodico di 117h 7m, Phobos sorge e tramonta rispetto ad un qualsiasi punto della superficie marziana per ben due volte nello stesso giorno. Deimos, con un diametro di appena 6 chilometri, dista 23.500 chilometri dal centro di Marte, intorno al quale ruota in 30h 18m. Sorge ad est e con estrema lentezza si sposta verso occidente, dove tramonta 2g 16h più tardi, mostrando due volte tutte le sue fasi ad ogni punto della superficie del pianeta durante il suo cammino attraverso il cielo marziano.